Riflessioni


Esattamente tre settimane fa, telecamere e occhi degli italiani erano puntati su di una piccola cittadina emiliana, Mirabello, annualmente alla ribalta per la consueta e ormai storica festa Tricolore.

Ieri, invece, assistevamo, dopo una giornata di smentite, coronamento ed epilogo di giorni di accuse e difese, ad un video, che aveva come protagonista nuovamente Fini, sicuramente il leader più discusso del momento.

I toni di sempre, i modi di sempre e – ahimè – le polemiche di sempre. Perché, sinceramente, quello che più colpisce è che dopo mesi e mesi ancora ci si ostini a continuare su una linea di sola eristica e litigio. Mentre paradossalmente interi teatri e stabilimenti artistici, fiore all’occhiello italiano, sono costretti a chiudere i battenti temporaneamente o per sempre, si sta mettendo su e continuando sine die uno spettacolo indecente a cui siamo chiamati come spettatori inermi, impotenti e per di più obbligati. Si sta infatti trascinando avanti un complesso teatrino della politica che di costruttivo e dignitoso non ha nulla. Benchè cori unanimi e situazioni di lampante disagio sociale stiano emergendo ogni giorno di più, come pomodori lanciati dallo spettatore più deluso e amareggiato, gli attori e i burattini sono sempre gli stessi a riempire un palinsesto noioso e turpe.

Passando in rassegna quelle che sono le notizie più importanti, che invece sono ormai messe al secondo piano, ci accorgiamo di un Paese che rotola, di una famiglia che si disgrega, di una società che languisce, di una moribonda (metaforicamente parlando) popolazione, costretta a subire lo smacco di chi, incurante e testardo, porta avanti calunnie e personalismi. Smacco che prende origine anche da un ostentare l’inesistente e un celare la realtà, chiara strategia che potrebbe andar bene solo per una campagna pubblicitaria. Peccato però che l’Italia non sia un prodotto da svendere, se non nel grande mercato globale della competitività e della crescita, che ci vede da troppo tempo assenti. Continuare a dire che è solido il Governo, che esso è un Governo del fare, che la situazione economica e sociale italiana è brillante rischia solo di acuire le tensioni e le urla di protesta, pervenute anche da una concitata Marcegaglia.

A tutto ciò si aggiunge anche il vittimismo di chi, pur avendo fino a poco tempo fa accusato magistratura e opposizione di giustizialismo inconcludente, porta avanti con testate e battaglie mediatiche una lotta di lunga data.

Dopo tutto queste riflessioni ne consegue una spontanea e fondamentale, sempre ricollegata al video del presidente della Camera. Mi riferisco all’appello, che forse egli lanciava come uomo e non come terza carice dello Stato, come cittadino e non come leader politico, ovvero quello di abbassare i toni, di placare i bollenti animi per sedersi al tavolo della crescita, del confronto, del dialogo, ormai lontana utopia. Forse l’appello ormai risulta monotono e ripetitivo, forse quelle parole non fanno più effetto alle orecchie di chi purtroppo è chiamato a riascoltarle giorno per giorno, ma non c’è nulla di più prioritario e importante, nulla che possa aver più valore.

A fronte di tutto ciò rivolgiamo la nostra speranza al futuro, ancora offuscato e incerto. Ripensiamo ai giovani, agli adulti, agli anziani, che devono trovarsi faccia a faccia con disoccupazione, difficoltà economiche, problemi quotidiani, scuole depredate, strade piene di facinorosi e rifiuti, ospedali spesso inadempienti, trasporti scadenti, tasse soffocanti, giustizia assente e molto altro.

Quando si tornerà a parlare di tutto questo non servirà più l’abaco o il pallottoliere parlamentare, non servirà più la caccia al tesoro, né la disperata campagna acquisti. A quel punto infatti tutti i responsabili saranno felici di sostenere la vera politica, i veri problemi, i veri sostegni, di cui pochi ne parlano, inascoltati, da troppo tempo.

Francesco Scavone

Tutto è cominciato il 29 luglio, con l’espulsione illiberale e stalinista da parte del PDL nei miei confronti.”Con queste parole il Presidente della Camera stigmatizzava a Mirabello uno degli eventi che hanno fatto più discutere durante questa estate infuocata tanto da essere definita “estate dei veleni” e che sinceramente sanciscono l’inizio di un declino, una vera alba del tramonto, che, tralasciati giochi di parole e metaforici scenari, si sta proprio consumando in questi giorni. E sì, perché sinceramente a conti fatti il lungo discorso dell’ex leader di AN ha proprio poco di metaforico e implicito.

I toni sono stati chiari, le dichiarazioni altrettanto, come anche le premesse che non prospettano nulla di nuovo da quello che era stato delineato settimane fa. L’unico dato di fatto che possiamo raccogliere è che finalmente si sta estendendo a macchia d’olio un rinnovato spirito di buona e responsabile politica, di cui indubbiamente l’UDC odierna può dire di aver posto le basi, come dimostra l’intervista del presidente Casini che in toni ironici e scherzosi rivendica a Fini di aver agito e parlato proprio come i centristi fanno da anni. Si può infatti affermare questo per un unico dato di fatto che affonda le sue radici in un chiaro modo di fare opposizione o persino maggioranza. Se c’è coerenza, se c’è volontà e chiarezza non deve far tanto scalpore che finalmente un uomo della compagine di Governo abbia delineato intenzioni e progetti concreti. Il fatto che Fini abbia ad ogni modo criticato quella che è stata l’attività di Governo finora, manchevole su certi valori e temi come quelli da lui stesso elencati, non deve suscitare sdegno o scalpore, bensì senso di responsabilità. E’ inutile quindi che PDL e Lega continuino a gridare ancora ad elezioni anticipate o che continuino a riempire gli occhi degli italiani di fette di prosciutto che celano la vera crisi della maggioranza, perché deve terminare la politica dei soli slogan che può solo fermarsi al predellino, perché inoltre i cinque punti, seppur ampliabili a nuovi propositi e progetti, devono essere base per un confronto serio ed interessato. Lo stesso confronto che, complice anche una reale paura di perdere i voti di FLI, ha portato sul “binario morto” il DDL intercettazioni e ancora la norma sul processo breve.

Ogni riflessione politica porta dunque su un’unica strada, che è poi quella della constatazione della già citata alba del tramonto, tramonto e fine di un modo di fare politica sbagliato e fallimentare. E se molti constatano che Berlusconi potrebbe non essere più la carta vincente del PDL, se molti pensano ad esecutivi a guida Tremonti o Maroni,  non è un caso ma un determinato e determinante spirito di insofferenza, una vera e propria presa di coscienza inevitabile. Se poi ancora Fini parla di un PDL vuoto, svuotato, è chiaro che siano ancora più salde le basi per il superamento definitivo del bipolarismo, che porti alla nascita di un terzo polo che ormai sta entrando nelle considerazioni di parecchi e che deve entrare anche in quelle di coloro che si sentono abbandonati e inascoltati. Sarebbe fondamentale soffermarsi su una affermazione di Rutelli, che, conclusa la festa API, ha sì parlato dei probabili numeri dell’invocato grande centro, ma ha posto l’attenzione su ciò che esso avrà il compito di fare.

Innanzitutto far sì che questo tramonto possa finalmente verificarsi e poi, avendo goduto della bellezza di questo evento, illuminare la notte che ne seguirà, ovvero guidare chi sarà confuso in questa oscurità, affinchè la notte possa essere motivo di meditazione, di consiglio, di preparazione ad un’alba, la più chiara e felice possibile. Avrà poi il compito di assicurare che all’alba si inizi ad agire responsabilmente, con tutti coloro che vorranno iniziare un nuovo giorno, ma con toni pacati e sereni. Senza che si ripropongano i toni e gli slogan dello ieri, che sono il “pesante macigno della politica”, come li ha definiti Casini, ma che si presentino nuove modalità, credibili ed alternative.

L’eredità politica che “l’estate dei veleni” rifletterà sul futuro è grande, ma con le già buone fondamenta si potrà continuare a costruire qualcosa di concreto, se mai accogliendo chi non si sente a suo agio da una parte e dall’altra.

Francesco Scavone

Quante volte da piccoli o nel corso degli studi scolastici abbiamo sentito parlare di favole? E quante altre ancora di morali?

Bene, sembra che anche il mondo politico abbia bisogno di una piccola rinfrescata alla memoria. Mi riferisco alla celeberrima favola di Esopo intitolata “La volpe e l’uva” che narrava appunto di una volpe tutta intenta a raggiungere i grappoli succulenti di una vite abbastanza alta. Nessun salto portò il mammifero ad afferrare acini o tantomeno interi grappoli fino a quando la volpe, indignata e sconfitta, mentendo a se stessa definì quel prelibato bottino marcio. Numerosi proverbi e frasi comuni ci hanno più volte ricordato in simili situazioni la simpatica e divertente avventura della furba creatura, anche se questa volta a riportarlo alla nostra memoria è un avvenimento politico Made in Italy.

Con la formazione del gruppo “Futuro e Libertà per l’Italia”, promosso dai cosiddetti finiani, ex membri PDL vicini al presidente della Camera, è infatti iniziata quella che è stata definita campagna acquisti estiva, che, sulle orme delle frettolosa corsa che riviviamo nelle feste natalizie con code nei centri commerciali in tipico stile americano, ha visto membri dell’attuale risicata maggioranza corteggiare animatamente i parlamentari e le forze più vicine all’attuale schieramento di Governo. Non sono così mancate rincorse all’UDC, che però ha sempre dimostrato coerenza e fedeltà al mandato elettorale, rifiutando poltrone e incarichi che avrebbero sancito una vera e propria entrata nella maggioranza. Non sono mancati nemmeno accesi scambi e dibattiti che hanno solo contribuito a rimarcare giorno dopo giorno l’attenzione sulla questione allontanando politica e Governo dai veri problemi del Paese, che necessitano di celeri risposte ed interventi.

Fortuna che la linea dei centristi è sempre stata fedele alle posizioni iniziali, sempre confermate da espressioni come “opposizione repubblicana” che indica la responsabilità nel voto e nel lavoro parlamentare. Sfiancati un po’ dal caldo e dalle temperature estive, un po’ dai continui rifiuti dei membri dell’UDC, i membri della maggioranza, come per difendere “capre e cavoli” hanno optato per la prosecuzione della legislatura senza l’inglobamento dei centristi, scongiurando quella che si prospettava essere un autunnale ritorno alle urne, dannoso per gli Italiani.  Ma ad indignare un po’ tutti è stato l’atteggiamento mediatico dopo l’ultimo vertice tra Berlusconi e i suoi, che ha presentato la decisione come  una chiusura delle porte all’UDC, quando poi era stata la stessa UDC a rifiutare inciuci e accordi di palazzo. Semplificando tutta la questione si potrebbe ricorrere alla favola iniziale, sottolineando che non era l’uva a cercare la volpe bensì il contrario. Magari prospettato in questi termini potrebbe riflettere meglio l’incresciosa situazione degli ultimi giorni, che ha portato la Lega e il PDL nuovamente a corteggiare l’area finiana, dividendosi tra amichevoli incontri, come quello annunciato con messaggero Cota, e prese di posizione che hanno il sapore del ricatto e dell’aut aut.

Quando la maggioranza avrà finalmente ritrovato il suo assetto, ritrovata una linea unica  e coerente, allora sì che l’UDC potrà tornare ad essere la forza interlocutrice di sempre, la forza aperta a confronti e proposte, ma a patto che siano concrete e precise. Con questo un chiaro riferimento va ai cinque punti su cui si annuncia la ripresa dei lavori. Ma attenzione: che queste parole non siano solo slogan insensati o specchi per le allodole, che questi temi non siano solo frutto di sterili dibattiti con dietro le quinte nessun serio provvedimento, che non si chiamino riforma della giustizia nuove leggi ad personam, che questa volta danneggerebbero numerosissimi altri scenari.
Non ci resta che metterci fiduciosi in attesa,  aspettando solo che si riattivi quel lavoro parlamentare che fa bene all’Italia, confusa e sfiduciata dopo quelli che sono stati definiti teatrini di fine estate.

Francesco Scavone

È un’abitudine, la mia, quella di attaccare continuamente e frontalmente chiunque pretenda di cambiare la politica italiana con le parole, dimostrando però che nei fatti la realtà è un’altra. Ho attaccato il mio partito, ho attaccato i suoi uomini, i suoi tesserati, i suoi simpatizzanti e i suoi papaveri, dagli assessori ai dirigenti. Ho punzecchiato i politici che “portavano” i voti, quelli che foraggiavano, quelli che pascolavano. Ho usato i miei post come delle clave per martellare e colpire chiunque pretendesse popolarità e considerazione, senza averne merito.

Molti però non sanno perché ho compiuto questa scellerata azione di distruzione. Non me ne vogliano i politici, e non, soprattutto del mio partito, che ho attaccato. Non attacco per puro divertimento o per mio personale gusto della critica, ma muovo interrogativi solo per migliorare la situazione attuale, che non è certo delle migliori. Molti potrebbero dire che questo non è il momento per attaccare, per denigrare, per cercare il “pelo nell’uovo”. Io non sono dello stesso parere. È proprio ora che bisogna aprire una grande discussione su cosa si è fatto di giusto, su cosa si sta facendo, sul nostro programma futuro, su cosa vorremo fare da grandi, su cosa è meglio per il partito, cosa è meglio per i nostri elettori e cosa per gli italiani.

Oggi, l’Unione di Centro è un partito che ha terminato il proprio cammino, sospinto per l’ultima volta dalla brezza estiva. L’Udc ha pure vinto perché non si è lasciata spazzare via dai due  falsi giganti che ora sprofondano, ma l’UDC è alla meta. Questo nostro fedele compagno deve arrivare al traguardo di Chianciano, al congresso costitutivo del nuovo progetto del Partito della Nazione. Nuovi progetti, nuovi nomi, nuovi slogan, nuovi dibattiti, nuove idee. Ma gli uomini e i burocrati sono sempre gli stessi. Qui bisogna ragionare. Io non sono contro gli uomini, anzi sono per un loro cambiamento, per una loro nuova dedizione ad un nuovo stile di fare politica, non a parole, con i fatti. Sono soprattutto  per il merito.

Ecco perché me la prendo sempre e solo con gli uomini dell’Udc e non degli altri partiti. A me interessa quello che fanno in casa mia, quello che succede altrove poco mi entusiasma. Io voglio un partito che prima di criticare, prima di scendere in campo, prima di presentare una lista alle elezioni, prima di mettersi in gioco, deve assolutamente mettere a posto ciò che di cattivo, sbagliato e dannoso c’è al proprio interno. C’è bisogno di entrare nel nostro armadio e fare un po’ di pulizia cacciando i vari scheletri che conserviamo nel nostro partito. Dobbiamo pulire il nostro armadio e poi uscire di casa, stanchi per il lavoraccio fatto, fieri di averlo portato a termine, ma finalmente pronti per guardare avanti, senza rivolgere il nostro sguardo e il nostro pensiero al passato,  consapevoli che nessuno più potrà accusarci per le presenze poco piacevoli e le tante ombre che hanno popolato la nostra storia. Guardiamo in casa nostra, il  nostro contributo per l’Italia.

Che il Paese viva un periodo critico, è sotto gli occhi di tutti. Che la politica italiana sia totalmente disinteressata a questo, anche.

Sono ormai mesi e mesi che prosegue la telenovela Berlusconi-Fini, condita dalle sparate di Bossi, sui rapporti all’interno della maggioranza, sull’entità dello strappo nel PDL, sui problemi all’interno della coalizione.  Insomma, si parla di tutto, meno che della salute del nostro povero bel Paese.

Oggi l’ultima novità, arriva dal leader della Lega: “Andare al voto comunque”.

Naturalmente, in un Paese già di per sé in condizioni economiche molto precarie, dove il debito pubblico è alle stelle, e la ripresa stenta a decollare, non c’è nulla di più utile di elezioni anticipate!

Forse il sole, il caldo e l’afa, hanno azzerato la memoria degli uomini del Carroccio, che dimenticano quanto costino al Paese le elezioni, specialmente se anticipate. Infatti il Paese dovrebbe spendere,  in caso di elezioni, circa 350 milioni di euro (cifra stanziata per le elezioni del 2006), senza dimenticare che a marzo si voterà in molti comuni, con un’ ipotetica spesa di 250 milioni di euro.

Ora, permettetemi di fare una riflessione su questi dati.

L’Italia non può continuare a sprecare soldi per pagare le elezioni volute soltanto dai signori di Palazzo. Sono passati soltanto due anni dalle ultime elezioni politiche, pochi mesi da quelle regionali. Ci sarebbero 3 anni senza “interruzioni elettorali”. Tempo prezioso, durante il quale il premier Berlusconi potrebbe portare avanti numerose riforme importanti, avendo una buona maggioranza (nonostante lo strappo con Fini), e una frangia di opposizione pronta ad esaminare in modo responsabile e serio le proposte.

Le elezioni sarebbero per Berlusconi un’ancora di salvezza, per il Paese un’ulteriore sconfitta.

Perciò, un monito arriva dal Paese intero: noi italiani siamo stanchi di questa telenovela, adesso è l’ora di portare sugli schermi della politica italiana un film d’autore.

Ci sarà un regista capace di girarlo?

Marta

Alle scorse l’Unione di Centro in Provincia di Matera ha presentato una lista alquanto strana. Stranezza che poi viene avvalorata dai risultati elettorali della lista provinciale. Infatti il Segretario Provinciale del partito, capolista, si vanta di aver preso il 90% dei voti totali, 3723 preferenze, il secondo della lista ha preso 708, il terzo 622 e gli altri tra i 400 e gli 80 voti di preferenza. Alle scorse elezione regionali vi ricordate cosa accadde? Il capolista 3242 preferenze, il secondo 2677, il terzo 2019 e gli altri tra 100 e 400. Sommando i voti presi complessivamente dal partito alle scorse elezioni, 12691, l’11,13% dei votanti totali, e quelli delle ultime elezioni, 7236, il 6,79%, il problema si fa palese anche agli occhi del più bigotto: un calo del 44%. Cosa opposta si è invece verificata in Provincia di Potenza, passando da 14453 voti, il 6,28%, a 16524 voti, il 7,7%, con una crescita a 2 cifre.

Situazione ancor più sconcertante se si guardano i voti presi dal partito e non le preferenze date ai singoli candidati. Il partito è scomparso da molti Comuni della provincia e in altri è calato di molto. In più non vi sono stati incrementi percentuali nei restanti Comuni. Emblematico è stato il calo di 103 voti dell’unico eletto, Vincenzo Ruggiero, nel proprio comune, Valsinni, passando da 476 voti delle elezioni del 2005, a 373 nelle ultime elezioni. Qualcosa è successo, o no? Si cerca anche una spiegazione al grave calo, in voti assoluti ed in percentuale a livello provinciale, che prima vi ho mostrato.

La motivazione è una sola: la lista dei candidati è stata preparata a tavolino, su misura, non per vincere, come partito, ma per far eleggere il capolista. I voti di preferenza lo dimostrano e alla stessa conclusione sono arrivati gli organi regionali e nazionali del partito. Questa situazione ha anche causato la mancata elezione del terzo consigliere regionale per l’Udc proveniente dalla lista della Provincia di Potenza. Il calo di voti così provocato ha distrutto il partito, tutto per garantirsi l’elezione. Bel modo di fare politica, sempre ammesso che sia questa la vera politica.

Identica situazione si è verificata alle elezioni comunali di Matera, dove la lista è stata cucita addosso per l’unico eletto in consiglio comunale. Ma, come sempre, è il partito che ne va di mezzo. Udc che alle comunali di Matera ha preso solo il 3% dei voti, una vera e propria miseria e vergogna. Qualcuno potrebbe chiedere: dov’è lo scandalo? Io resto sempre più sconcertato dall’uso che si fa ogni giorno della politica, attraverso i partiti. C’è gente che vive di politica, che non sa fare altro, anche se poi nei fatti non sa neanche dove abita la politica, il senso civico, il dovere, gli obblighi con gli elettori, la trasparenza, la democrazia, la libertà. La politica non è negare tutto questo, ma combattere per fare emergere un nuovo senso e una nuova giustizia e moralità, che purtroppo non è alla portata di questi signori. È inaccettabile una situazione del genere, e chiunque tace è complice.

Ritornando alla gestione del partito: dov’è il radicamento sul territorio? Dove sono i congressi? Dove sono le sezioni territoriali? Dove sono i tesserati? Come vengono spesi i fondi del partito? Che iniziative ci sono in cantiere? Dov’è finito il Segretario Provinciale di Matera? Cosa sta facendo per il partito? E per i cittadini? Cosa per il territorio? E soprattutto cosa sta facendo per se stesso? Dov’è finito l’unico eletto dell’Udc alla Regione per la Provincia di Matera? Cosa sta facendo in Consiglio Regionale? Essendo consigliere di maggioranza, cosa ha proposto agli assessori? Dove si è nascosto? È diventato più distratto del solito dopo essere stato eletto e dopo la fine delle elezioni? Dov’è finita la sua disponibilità?

Il giorno dopo la sua elezione ha chiuso la sua pagina fan su face book, la cosa più cara per un personaggio pubblico rispettabile. Ha chiuso il suo profilo face book, per poi riaprirlo qualche mese dopo. Anche il suo sito internet è chiuso per lavori in corso, stanno lavorando per noi, anche se sembra più una chiusura per ferie. Allora è vero quello che si dice in giro: il consigliere Ruggiero una volta eletto non conosce più nessuno, non saluta più nessuno e non vuole sentir parlare dei tuoi problemi, stessi problemi che qualche giorno prima delle elezioni erano i suoi cavalli di battaglia e le sue tante promesse. Spero solo che gli stravolgimenti politici nazionali, possano inabissare questi comportamenti partitocrati e clientelari. Siamo tutti stufi di queste baronie.

Riceviamo e Pubblichiamo

Ecco una storiella di un giovane amante della politica, con sogni e ideali, uno dei pochi ragazzi che entra in quel mondo sporco e subdolo, ricco di volontà e desiderio di cambiare il sistema…

Era un ragazzo che sin dalle scuole superiori si era messo in evidenza per le proprie idee, rappresentante di classe poi di istituto e infine  decise di volgere lo sguardo al di là degli armadietti scolastici, e spingersi dove in molti dicevano che avrebbe fallito perché nessuno era disposto a cambiare.

Ma lui si domandava: “se tutti si lamentano e nessuno fa niente, il sistema non muterà mai”. Così un giorno si affacciò alla politica bruciando le tappe nel modo più celere che potesse: militante, poi segretario di un movimento giovanile, e di colpo nel direttivo provinciale, ove si muoveva con rispetto e generosità. Un giorno però si guardò intorno e si rese conto che quel sistema doveva cambiare ancora, ma lo stesso sistema si ribellava ai cambiamenti.

Un sistema che prima lo elogiava per le sue capacità, prospettandoli un grande futuro, un futuro che lui neppure desiderava, poiché la politica per lui doveva esser vissuta nel pieno disinteresse delle poltrone degli incarichi. E una volta che si dice no al sistema, d’altronde non si può continuare a  ricevere le solite attenzioni se lo si vuol mutare…

Fu così che il giovane si guardò intorno, e vide che c’erano sempre le stesse poltrone, con sopra polvere alta cm, e vecchi giornali, con vecchie stampe a caratteri obsoleti… quelle poltrone che hanno condotto ad oggi un partito dalle grandi prospettive all’oblio. Quell’oblio causato dalla paura di cambiare…

Giovanni Boccoli

Cari Amici,

da qualche giorno, si è tornato a parlare con grande insistenza del Partito della Nazione. Ma come vogliamo che sia questo partito? Che partito vogliono gli italiani?

Sembreranno domande banali, scontate. Ma non voglio dare nulla per scontato e, per far sì che nasca un partito che sia il più vicino possibile ai cittadini, vi invito a complilare un questionario, predisposto da Lorien Consulting. Non è certo con i questionari che si risolvono i problemi, lo so. Ma questo potrebbe essere il primo passo per la costruzione di un partito nuovo, che si basi sulla partecipazione e la condivisione di idee. Di tutti.

Cliccando sul banner qui sotto, vi troverete nella pagina dedicata all’indagine che è stata preparata, sull’opinione politica in generale e sui sentimenti verso il Partito della Nazione che si appresta a nascere.

Buon questionario! 🙂

Pubblichiamo la riflessione del prof. Pasquale Tucciariello su uno dei problemi più seri della società lucana: il clientelismo.

“Cliens et patronus”, cliente e protettore

 C’è un alunno –  mettiamo  –  di Liceo che agli esami di Stato arriva a 100 ma ha meriti culturali poco convincenti ad ottenere questo voto ottimale.  Ce n’è un altro, dalle riconosciute capacità, che invece deve combattere per arrivare al 90. Questi due casi, qualora si verificassero,  come definirli se non si trattasse di una errata valutazione orientata, diciamo così, semplicemente da buona fede? Il prodotto di una pratica truffaldina. Sei dipendente di una amministrazione che ti paga affinché tu faccia correttamente il tuo lavoro mentre invece utilizzi l’Ufficio per scopi personali e di comodo. E’ una truffa. Qui non si tratta di esercizi di logica applicata. Qui siamo ai fondamentali, alle strutture, ai primordi della costruzione dello stato moderno quando si teorizzava una carta – la Costituzione – che definisse i diritti e i doveri, ossia il passaggio, tra la fine del 1700 e i primi decenni del 1800, dell’uomo dallo stato di sudditanza a quello di cittadinanza.

Ma sì che la raccomandazione è una pratica in uso fin dalle civiltà greco-romane. Uno schiavo passava liberto, liberatus, anche se poi rimaneva soggetto ad obblighi di fedeltà, perché così aveva deciso il patronus, e il liberatus diventava cliens del patronus e il patronus proteggeva il cliens anche affrancandolo da oneri vari, come i lavori non graditi, per assegnargli compiti meglio  remunerati non dallo Stato ma esclusivamente dalle condizioni di capacità personali.

Nell’italietta della raccomandazione tu puoi entrare – mettiamo – ausiliario sociosanitario, un lavoro anche dignitoso perché ti consente di vivere onestamente e subito, anche senza averlo mai svolto un solo giorno che sia uno, passi dietro una scrivania dove si scrive e diventi qualcuno perché quel lavoro dignitoso tu non ci stai a farlo e ne preferisci uno forse di grado superiore al servizio del patronus ma finalmente diventi qualcuno perché hai accettato di vivere la condizione del cliens sub patronus che se ti annulla per dignità ne guadagni perché sei uno che i fatti propri se li sa vedere e ora finalmente puoi comandare anche tu e schiatti in corpo chi avesse invidia.

Ma da cliens? E che te frega! E’ il danaro ciò che conta.

La dignità? Roba d’altri tempi.

A parte il discorso sulla dignità, il decoro, l’onestà e altra mercanzia di questo genere che non sono le condizioni sulle quali si reggono la società meridionale e quella lucana, c’è da dire che il clientelismo, quale fattore per la conservazione del potere, poggia sulle società in ritardo culturale ed economico ove meglio si alimenta perché un sistema di povertà assai diffuso materializza la necessità di trovarsi un protettore. Dove? Nella politica, ovviamente, dispensatrice dei grandi favoritismi e degli stipendi da 100 mila in su, non potendolo trovare nell’economia (regione arretrata), nella cultura (litterae non dant panem), nella religione (il cristianesimo predica il valore della povertà). Nelle società più ricche, il clientelismo non sembra risultare una pratica condivisa. Non lo è per i politici, perché essi non ottengono il consenso dalle pratiche clientelari ma dalla capacità di soluzione dei problemi generali. Le società più ricche guardano all’efficacia, all’efficienza, ai tempi della risposta, alle pratiche immediatamente evase, ai quartieri puliti e ordinati, alla disciplina del traffico. Le società più avanzate vanno alla ricerca del dipendente che pensa, che abbia una testa ben fatta e la capacità di riflettere sullo stato dei saperi e sulle sfide che caratterizzano la nostra epoca. E’ questione di capacità di riflettere e di rispondere alle sfide in tempi immediati. Lentezza e incapacità producono noia, abbandono, povertà, clientelismo. E il clientelismo è condizione per la conservazione del potere. Mantenere il cittadino meridionale e lucano in uno stato di sudditanza è l’unica risposta possibile alla debolezza dei partiti, alla crisi delle ideologie, alla povertà congenita. In Sicilia era sorta la mafia, in Calabria la ‘ndrangheta, in Puglia la sacra corona unita, in Campania la camorra. E la Basilicata, isola felice? Tranquilli, anche noi abbiamo qualcosa: il clientelismo.

Il clientelismo diventa dunque risposta, alternativa, una sorta di ammortizzatore sociale, di tampone, di male minore condiviso. Ma il clientelismo bisogna anche saperlo fare. Ci vuole tempo. Tempo per adottare provvedimenti blindati e spesso inattaccabili giuridicamente, ma sottratto allo studio del territorio e alle soluzioni da adottare.

Per fare clientelismo non occorre  “una testa ben fatta”  come scrive Edgar Morin nel suo omonimo saggio.

Continuare su questa strada si può. Ma i danni si conteranno nei prossimi dieci anni. Proprio come noi oggi contiamo i danni prodotti nel decennio 2000/2009: incapacità di impegnare forti somme di denaro proveniente dall’Europa. Non perché si è stupidi, ma solo perché si pensa ad altro. Al clientelismo.

Rionero,  15 Luglio 2010  

Pasquale Tucciariello

www.tucciariello.it

Coordinatore Centro Studi Leone XIII

Basilicata, terra di conquista, di politici corrotti e vili.

Tutti in silenzio per non disturbare il fattivo lavoro dei nostri potenti. Anche la stampa, anche le tv, e tutti i media lucani. Qualcosa di strano che lega il potere politico, gli interessi industriali e gli organi mediatici. Ogni giorno si omette le verità, si oscurano i fatti e si disinformano i lucani, mostrando un mondo che non esiste. In questo campo, le differenze tra destra e sinistra, scompaiono. Si critica tanto Berlusconi, ma quest’ultimo è stato un ottimo maestro per i nostri politici, tenendo conto dei risultati soddisfacenti a cui sono arrivati dopo un ventennio di apprendimento.

Discarica di amianto in uno stabilimento di Ferrandina.

Bisogna dirlo a gran voce: ci scusi Presidente Vito De Filippo. Ci scusi per la nostra ignoranza, per la nostra demenza, per il fatto stesso di poter leggere e scrivere e voler sapere un po’ di più quello che accade attorno a noi. E ci scusi per la poca fiducia che abbiamo in lei e soprattutto ci perdoni: siamo degli ingrati, anzi dei veri e propri imbecilli. Ci perdoni per il semplicissimo fatto che quando ci svegliamo la mattina e ci affacciamo alla finestra, vogliamo un sole sorgere, tra i boschi o dal mare. Un sole che illumini un paesaggio bucolico e rigoglioso, una natura incontaminata e lussureggiante, una flora e una fauna stupende. Ci scusi per i nostri troppi desideri, siamo coscienti che, per la nostra eccessiva avarizia di cose belle, non ce le meritiamo.

E allora diciamolo Presidente: noi di lei, della sua giunta, dei suoi amici e di tutto il suo giro, non ci fidiamo più (chi si è mai fidato). Lei e i suoi predecessori avete distrutto la nostra terra. Lei oramai è assuefatto dalla logica politica del comandare e dirigere. Ha perso il genuino sapore della Lucania, ha perso gli occhi della nostra regione, ha perso il respiro di questa nostra aria. E perdendo tutte queste cose lei, ha fatto perdere a noi quel poco di bello che avevamo, quel poco di saporito che dava un nuovo senso alla nostra esistenza.

Lei e i suoi predecessori, avete venduto i nostri boschi ai petrolieri, negando qualsiasi forma di sviluppo ecosostenibile fondato sul turismo verde, sull’agricoltura e sulle ricchezze naturali locali. Avete permesso lo smistamento di rifiuti tossici in quel di Tito Scalo, senza dire neanche una parola, senza opporvi, perché le ecomafie vi hanno zittito a dovere. Avete taciuto anche sul traffico di rifiuti nucleari avvenuti nel centro Enea a Rotondella. Negate a spada tratta un diffuso clientelismo che è al fondamento di questo regime, che vede sostituire solo il capo, ma l’impianto sotterraneo è sempre lo stesso, da anni. Situazione che perdurerà anche con una possibile salita al potere delle destre. Le differenze, quando si comanda, non esistono.

Io non ho mai avuto fiducia in lei, e ben può rispondermi che sono un ingrato, ma io ben volentieri la mando a quel paese, per la sua insolenza e autoreferenzialità mostruosa che tutti voi politici lucani mostrate una volta saliti sulla tanto sperata poltrona, per poi negare aiuto, saluto e cortesia, dopo le elezioni. Bella la politica lucana, belli i suoi rappresentanti, una massa di ladri. Naturalmente c’è sempre qualcuno che si salva, ma non riesce nel suo piccolo a cambiare le cose, e finisce inesorabilmente risucchiato nel fetore emanato delle pratiche illegali che regolano questa nostra regione. De Filippo lo dica espressamente che ci vuole tutti belli e ignoranti, pasciuti con le vostre chiacchiere da fantapolitica e da magna magna.

Eccovi qualche esempio di scempio presi dalla Gazzetta del Mezzogiorno e che riportano le parole del Presidente De Filippo e del direttore dell’Arpab (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) Vincenzo Sigillito. Ogni commento e supposizione lo lascio a voi:

“Sotterrati rifiuti radioattivi in Basilicata? De Filippo: possibile.”

“Fenice, sono superiori i valori del mercurio.”

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