Unione di Centro: c’è bisogno di più partecipazione dei tesserati al processo decisionale.
L’Unione di Centro è il partito moderato nazionale, che spesso è costretto a dimenarsi tra tirate di giacca e insulti di trasformismi, il tutto condito da un’elevatissima dose di incoerenza di chi, appunto, tenta di delegittimare l’Udc e la sua linea politica. Non scrivo per lodare questo partito, che comunque ha molti demeriti, ma anche qualche merito, a mio modo di vedere, ma almeno cerca una nuova logica politica.
A livello locale, l’Udc è un partito molto presente nelle competizioni elettorali, di ogni ordine e grado, ma è del tutto assente nei paesi, nelle strade, sul territorio, nel vivere della gente. Ma è un po’ così tutta la partitocrazia lucana. Quando si vota: “Votateci, votateci, noi siamo i più belli e i più forti”, e poi finite le pratiche elettorali, gli slogan e le bandiere tornano in soffitta a svernare, in attesa di una nuova primavera elettorale. È un meccanismo che a me non garba. Una logica sbagliata e subdola, che oramai è entrata sia negli uomini di partito, che negli elettori, ormai non più abituati alla convivenza dialettica con amministrazioni, associazioni, partiti e società civile.
Un volenteroso ragazzo, che vuole partecipare alla vita politica del proprio paese, in un sistema del genere si trova ammanettato alle promesse dei politicanti nel periodo preelettorale e alle delusioni (preventivate ampiamente) nell’immediato seguito del voto. Insomma, fermi al palo ad aspettare cosa? Ad aspettare veri partiti e veri politici, che negli ultimi anni hanno latitato. Sarò forse abituato alla velocità del web o alle rapide fantasie giovanili della mia mente, ma trovo la politica molto appesantita su se stessa, quasi a volersi volontariamente isolarsi e negare a qualsiasi volenteroso di avvicinarsi per rialzarla.
Ritornando al discorso principale: l’Udc non è presente, non ha sezioni, non ha recapiti politici conosciuti ai più, non fa manifestazioni, non fa attività sul territorio post elettorale. È qui l’errore: un rivenditore che cerca di far acquistare un elettrodomestico a qualcuno, oltre ad assicurasi la vendita, deve anche seguire il cliente nel rapporto post vendita, altrimenti ne perderà la fiducia. Così dovrebbe funzionare in politica ed è così che agisce la Lega Nord, ma non tutti gli altri partiti, carrozzoni lenti alla ricerca di una discesa per sveltire il passo e portarsi primi in una corsa che conduce a valle e non ad una vetta, ad un obiettivo in cima.
Devo dirlo francamente: sono passati ormai sette mesi dalla sottoscrizione della mia tessera all’Udc, ma non c’è stata nessuna vera azione politica, solo inutili tatticismi partitici: la politica non è la partitocrazia, per fortuna, come mi ricordò Maurizio Bolognetti, uno degli ultimi (io spero uno dei primi) politici lucani. Parlando della mia esperienza a Tursi, mi sono tesserato per partecipare alle decisioni amministrative dei nostri eletti, insieme agli altri tesserati. In poche parole volevo che accadesse questo: i consiglieri che si riconoscevano nell’Udc dovevano riunire la sezione tutte le volte che c’era un consiglio comunale o qualcos’altro da discutere, per dibattere insieme delle questioni e per decidere, a maggioranza dei tesserati, la linea politica da seguire. In questo modo è il popolo del partito che guida i consiglieri e gli assessori, e di conseguenza la linea politica dell’amministrazione comunale, e non il contrario.
Questo, però, per molti motivi non avviene. Primo tra tutti l’autoreferenzialità degli eletti, legittimati dal voto popolare a guidare l’amministrazione (mi ricordano tanto i discorsi che fa Berlusconi). Amministratori persi nei meandri dei palazzi burocratici, che dimenticano le promesse, il partito e soprattutto lo statuto di quest’ultimo. Il secondo motivo potrebbe essere la poca volontà degli eletti di confrontarsi con i tesserati, per presunzione o menefreghismo o delirio di autosufficienza. Terza possibile spiegazione è forse la totale divisione interna del partito, lo sfilacciarsi di rapporti mai stati saldi. Quarto motivo: la sconvenienza ad istaurare un rapporto di dipendenza politica e decisionale con la sezione, perché è un evidentissimo laccio alle mani, che impedisce possibili tatticismi in consiglio comunale. Quinto possibile motivo: i consiglieri potrebbero dire che “nessun partito lo fa e non vogliamo essere i primi” e come darli torto? Potrebbe essere una di queste la spiegazione, o qualcun’altra, o tutte e cinque. Politicanti pseudo partitocrati intenti in politichese esprimersi in assisi amministrative (insomma solo bla bla bla), ecco la definizione dei consiglieri comunali di Basilicata (e forse di tutta Italia), che si sono succeduti nelle ultime legislature, non tutti, ma la maggior parte.
Ricordo, con un po’ di nostalgia, le discussioni nella sezione della defunta Alleanza Nazionale, 2 anni fa, con l’allora segretario Peppino Cassavia, che convocava a spese sue tutti i tesserati, compresi i giovani, per dibattere della azioni da intraprendere di fronte alle situazioni che si presentavano di volta in volta, compresi gli ordini del giorno dei consigli comunali. Ricordi appunto, di un’esperienza bella, che vorrei rivivere, ma che mi è negata dalla realtà dei fatti. Mi scuso per lo sfogo, ma vi assicuro che qualcosa cambierà, non per merito dei politicanti e dei partiti…
E poi, un nostro carissimo lettore, Christian Condemi, mi ha segnalato un video, che ho visionato ben volentieri, e tra le tante frasi dette e viste, mi ha colpito questa: “Deve passare l’idea che non vale la pena affannarsi per creare un mondo socialmente migliore…”. Ed è proprio vero. I colpevoli sono i nostri politici, che amano il deserto (di idee) alla rigogliosa foresta (di pensieri e invenzioni). E se continuerà così, in questi nostri paesi rimarranno solo loro e le case fatiscenti. Bella prospettiva.