A parte la contraffazione vera e propria (l’Italia è il terzo produttore mondiale di merci contraffatte, dopo Cina e India), legalizzata di fatto, perché i controlli sono davvero misera cosa di fronte all’immensità del malaffare che si nutre sulla merce falsa, in Europa è presente una presa per i fondelli a carico dei consumatori e di tutti i cittadini onesti. Sto parlando del processo industriale che sforna ogni giorno migliaia di prodotti Made in Italy, ma le cui materie prime non sono affatto italiane.

Non c’è migliore esempio di questo: la produzione di derivati del pomodoro (pelati, salse, concentrali, ecc.) avviene su prodotto importato dalla Cina dentro grossi fusti, acquistati dai grandi marchi italiani e poi imbottigliati e inscatolati sotto i nomi illustri dell’industria italianissima di cui noi tutti ci fidiamo. In Cina i pomodori vengono prodotti con metodologie e medicinali vietati da 30 anni in Italia. Questo è tutto legale, alla faccia di chi si nutre di quelle schifezze e alla faccia degli agricoltori italiani che investono e producono nel totale rispetto delle leggi per poi svendere i propri prodotti.

Altro esempio che mi piace ricordare è quello dei grandi marchi italiani di altissima moda, che commissionano la produzione dei loro preziosissimi capi di abbigliamento ai cinesi, che nelle varie periferie italiane, lavorano come droidi per rifornire le boutique dei ricconi. Insomma è questa la realtà in cui siamo costretti a muoverci. Ma cosa si può fare per risolvere questa situazione? Cosa si può fare per dar vita finalmente al Made in Italy vero e proprio?

Per me Made in Italy vuol dire che un bene, una merce, un prodotto, è stato completamente lavorato in Italia. Tutti i passaggi produttivi devono essere svolti sul suolo italiano, nelle fabbriche italiane, con le materie prime italiane. Purtroppo chi ci governa ha una concezione diversa dell’italianità. Infatti, per loro basta che l’ultimo passaggio produttivo sia fatto in Italia e già si parla di Prodotto Italiano e i miei esempi precedenti vi rendono l’idea di tutto questo.

Perché chi ci governa, a livello nazionale e a livello europeo, tutela una incoerenza del genere? A chi conviene mantenere e tutelare questa situazione così fatta? Alla Barilla? Alla Cirio? Alla Granarolo? Alle griffe della moda? Perché chi ci governa consente elevati extra profitti a questi delinquenti? Forse perché parte di quei profitti viene “investito” nelle loro campagne elettorali? Qualcuno potrebbe dire che questa è la politica. Io pretendo un’unica cosa: un regolamento europeo per dare finalmente una disciplina equa, coerente ed onesta a questa materia davvero importante.

Serve un’etichettatura che individui esplicitamente e dettagliatamente la provenienza delle materie prime utilizzate, delle normative rispettate, quanta energia è stata consumata, quanto inquinamento è stato prodotto, tutte le aziende che hanno partecipato alla creazione di quel prodotto e tutte le notizie utili al consumatore per poter scegliere consapevolmente . Le asimmetrie informative sono il male assoluto della nostra economia e sono tra le prime cause del continuo crescere delle disparità economiche, tra ricchi che diventano sempre più ricchi e poveri che impoveriscono ancor più.